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mercoledì 7 dicembre 2011

“ZINGARIADA”... “TZIGANIADA”...

Di Victor Druta

Stavo zappando la vigna del mio padre assieme a Gheorghe, che aiutava tutti per qualche rublo e un po' di cibo. Ero un giovane universitario venuto in vacanza nel mio villaggio, e Gheorghe uno zingaro forzuto di una quarantina d'anni. Il sole andava verso mezzogiorno. “Che cosa mangiamo oggi a pranzo?” mi chiese Gheorghe. “Pane, salame e vino rosso”, risposi. “Salame! Buono il salame! Ma tu lo sai, caro Victor, che se mangi il salame ti si gelano i piedi di notte?” “Ma che dici, Gheorghe, la scienza non ha scoperto niente del genere.” “Invece sì, e te lo spiego. Il salame ti rinvigorisce e così ti viene anche una grande voglia di fare l'amore. E mentre dormi sdraiato sulla schiena il tuo pene si alza e comincia lentamente a tirare la coperta in su. Quindi, i piedi si scoprono e ti si gelano, è scientifico.” Scoppiai a ridere e lo zingaro Gheorghe, grazie a quello strano, originale gioco della sua immaginazione, si era guadagnato la mia simpatia per sempre.

Purtroppo, non tutti gli zingari risultano simpatici. Noi, rumeni e moldavi, nei loro confronti siamo abbastanza razzisti. Questa discriminazione, nonostante sulla carta gli zingari siano uguali ai rumeni, ha le sue spiegazioni storiche. Giunti nei paesi rumeni nel medioevo, persero subito, quasi tutti, la libertà, diventando schiavi. Alcuni si offrirono essi stessi in schiavitù. Lavoravano sulle terre dei boiardi e nelle loro case come servi, sgobbavano sulle terre dei monasteri. Conservarono la loro lingua, erano fabbri e musicisti di talento, ma non possedevano nulla, sicché non potevano essere assimilati neppure ai servi della gleba. E poi il carattere, la loro condizione di popolo sparpagliato un po' qua e un po' là non ha certo contribuito a che gli zingari si sentissero una forza capace di liberarsi, di scrollarsi di dosso la schiavitù. Non avevano la faccia seria, la voglia di libertà e di combattere dei neri americani. Erano contenti di quello che racimolavano, rubavano non appena si presentava l'occasione e non conoscevano la depressione. Questo non significa che nelle loro comunità regnasse il caos e la promiscuità: avevano loro capi e rispettavano regole precise.

Al inizio dell'Ottocento uno scrittore illuminista della Transilvania, Ion Budai- Deleanu, scrisse “Tziganiada”, una grande epopea in dodici canti, che racconta la fantastica vicenda della creazione di un'armata zingara messa insieme per combattere i turchi e per creare uno stato zingaro. È un'opera molto divertente. L'azione si svolge nel Cinquecento, quando regnava in Valacchia Vlad Dracul, soprannominato Țepeș, cioè l'Impalatore, per il suo vizio di impalare i nemici. Budai-Deleanu, introducendo Vlad Țepeș sul terreno della finzione letteraria, lo mette a capo di un esercito tutto zingaro e lo manda contro i turchi. Come ricompensa della guerra, gli zingari avrebbero ottenuto la concessione di un territorio per uno stato indipendente. Vlad mette gli zingari alla prova: lungo la strada che porta al campo di battaglia, lascia incustoditi i carri delle provviste. I soldati zingari si fermano e si mettono a banchettare lasciando perdere la battaglia. Poi si mettono a litigare per futili motivi sulla strategia e sulla tattica da adottare. Nessuno ascolta nessuno, nessuno dà ragione a nessuno. Finiscono col battersi tra di loro e contro una mandria di mucche. Nel frattempo, a uno dei giovani capi zingari, Parpanghel, alcuni diavoli rapiscono la fidanzata, la bella Romica. E costui, come Ulisse e Orfeo, intraprende un viaggio nell'aldilà per salvarla. È una buona occasione per l'autore per descrivere la versione zingara del paradiso: una specie del paese della Cuccagna.

Budai-Deleanu ci offre l'immagine di un popolo ancora immaturo. La storia successiva degli zingari ha dato ragione allo scrittore. A inizio Ottocento si trovavano ancora in schiavitù. L'abolizione ufficiale della schiavitù degli zingari nella Valacchia e nella Moldavia avvenne fra il 1830 e il 1860 e fu un grande passo in avanti. Tuttavia, la loro situazione non migliorò molto. La nuova Romania, formatasi dall'unione della Valacchia e della Moldavia nel 1859, gli accolse come cittadini a pieno titolo; diversi scrittori denunciarono la loro discriminazione e crearono personaggi zingari di grande rilievo, come lo zingaro Răzvan del dramma romantico di B. P. Hasdeu “Răzvan e Vidra”. Essendo uno schiavo libero, colto, nobile, valoroso, Răzvan supera tutte le barriere, fa una carriera fulminea e sale sul trono della Moldavia. Con lo sviluppo economico del paese e della società civile, l'integrazione degli zingari doveva progredire. E infatti appaiono nella società rumena della prima metà del Novecento zingari laureati, uomini d'affari, musicisti di grande fama. Negli anni Trenta c'è un'Associazione generale degli Zingari della Romania, seguita da un'Unione generale dei rom della Romania. Viene convocato un congresso nel 1933. Con l'avvento dei fascisti al potere e poi con l'instaurazione della dittatura di Ion Antonescu, questi inizi promettenti sarebbero rimasti un ricordo.

Nel 1942 esisteva ufficialmente l'”emergenza rom”, espressa quasi negli stessi termini che si usano oggi in Italia: piccola criminalità, accattonaggio, degrado. E si decise, come era naturale per un regime dittatoriale, la deportazione. I motivi non furono razziali, come nel caso della deportazione degli ebrei, un anno prima: fu una questione di ordine pubblico, di risanamento morale e di imposizione del culto del lavoro, come si diceva allora. Gli zingari dovevano essere deportati in Transnistria, territorio sovietico conquistato nel 1941, più grande dell'attuale Transnistria moldava. Il bello è che tra gli zingari cominciò a circolare la voce che nella Transnistria sarebbero state assegnate a ciascuno case, terreni, mucche e ogni bendidio. Quindi alcuni di loro fecero di tutto, perfino false autodenunce, per essere iscritti negli elenchi dei deportati: dichiararono di aver commesso vari reati, sposarono in fretta donne che erano già iscritte nelle liste pur di andare in Arcadia. Furono caricati sui treni (nel settembre 1942) 11.441 zingari nomadi e 13.176 zingari sedentari, compresi donne e bambini. Le loro ingenue aspettative sfumarono appena scesi dai vagoni. Sistemati in case confiscate alla popolazione locale, dovettero vivere in condizioni di grande miseria, tra i pidocchi, senza alcuna assistenza medica. Non avevano di che nutrirsi e andavano a rubare agli ucraini. Per riscaldarsi distruggevano tutto quello che gli capitava a portata di mano, pur di mettere un pezzo di legno sul fuoco. Morivano comunque. Gli ucraini, terrorizzati, si difesero come poterono: per loro quella fu la peggiore di tutte le invasioni. Fallita la grande colonizzazione, gli zingari tornarono quasi tutti in Romania , per conto proprio. Le autorità chiusero un occhio.

Finì la guerra, e sembrò cominciare un'era nuova e felice. Il socialismo fu per gli zingari un'ottima occasione per diventare sedentari, perché i rom vennero equiparati a tutti gli altri cittadini diventando coproprietari di tutti i beni dello stato. E infatti tanti si integrarono. Il fattore culturale però si manifestò una volta di più con forza. Gli zingari generalmente restarono più poveri degli altri e più antisociali. Il socialismo incentivava le nascite. Furono proprio gli zingari i più prolifici, con tutte le conseguenze sul piano del tenore di vita, nonostante gli assegni statali. D'altro canto, il socialismo fu disastroso , perché distrusse non soltanto la classe dei grandi latifondisti, ma pure quella dei piccoli possidenti terrieri. La terra era un bene collettivo, quindi di nessuno, le fabbriche appartenevano allo stato e l'operaio non se ne sentiva affatto il padrone. Quindi si lavorava male e si rubava molto. Questi condizioni non erano le migliori per la formazione di persone dignitose con solidi princìpi morali, perché il fulcro della dignità umana, checché se ne dica, è la proprietà. Si può dire che il socialismo “zingarizzò” un po' tutti.

Adesso che si sono aperti grandi prospettive di libertà e sviluppo, la buona notizia è che anche gli zingari hanno una gran voglia di noiosa e benestante vita borghese, come si può vedere da tante belle case che loro si stanno costruendo in Romania. In Moldavia, a Soroca, c'è un intero quartiere zingaro dove sono sorti in breve tempo palazzi fastosi. Sì, un po' kitsch, ma il kitsch si attacca sempre ai nuovi ricchi. Le generazioni che verranno saranno di sicuro più raffinate.

(Pubblicato ne "Il Foglio quotidiano" il 22 giugno 2008 con il titolo “Schiavitù, nomadismo, epopee zigane, socialismo e palazzi kitsch. Ecco come li vede un moldavo”)

2 commenti:

  1. Actorul Vasile Butnaru: O mana intinsa care ajuta intr-o zi in tunecoasa este aceea ... de care oamenii isi amintesc pana la sfarsitul vietii ... UN HOMBRE PUEDE CAMBIAR EL MUNDO,Y ERES TU ... vasilebutnaru.files.wordpress.com

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  2. Actorul Vasile Butnaru: "SA NU UITAM CA PE COLUMNA LUI TRAIAN, NOI, DACII, SUNTEM IN LANTURI ..."

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